Home » Speciali SuperTariffa » Speciale consolidamento telco. Perché è un film già visto

Speciale consolidamento telco. Perché è un film già visto

È un film già visto. Qualche gestore deve comprarne un altro perché per tutti questi player non c’è spazio. E poi, diciamoci la verità, con meno operatori ci sarà meno concorrenza e i prezzi smetteranno di essere sempre più bassi. È così vero? Però, pari pari, questa situazione già si presentò qualche anno fa. E il più grande consolidamento della storia della telefonia italiana ha portato, invece che ad una stabilizzazione del mercato, al crollo dei prezzi. E ad una guerra all’offerta che finanziariamente, i big, non sono riusciti a sostenere. Ripercorriamo insieme tutto quello che è successo in questo speciale di SuperTariffa.it. Un racconto bello lungo ma che siamo certi vi appassionerà. Prima di iniziare però, condividiamo subito qui sotto una sintesi degli argomenti che andremo a trattare, nella infografica che trovate proprio qui sotto:

Sintesi dello speciale

Capitolo 1. Il contesto.

Iliad è già frutto di un consolidamento. Non tutti ora si ricordano che Iliad è già frutto di un processo di rafforzamento dei player in campo. In realtà, al momento è il risultato del più grande matrimonio della storia delle telecomunicazioni italiane. È la diretta conseguenza all’unione di Wind con 3 Italia. E allora, parliamo del 2015-2016, il contesto delle telecomunicazioni forse non era nemmeno così diverso da ora. Le telco avevano già lamentato la presenza di una guerra dei prezzi non sostenibile, allora scatenata soprattutto da Tre Italia, quarto operatore ma in parte alimentata anche da Wind.

Tariffe sempre più competitive da parte di nuovi player e le vecchie compagnie che si trovavano di fronte grandi investimenti per il 4G, rispetto al quale allora si percepiva da parte del mercato una richiesta sicuramente maggiore di quella che si ha oggi rispetto al 5G. Le compagnie in Italia quindi iniziarono a parlare, proprio come fanno ora, di consolidamento, ovvero di unione di due gestori al fine di diminuire il numero totale dei concorrenti. La scelta allora fu abbastanza obbligata e dopo mesi e mesi di trattative furono Wind e 3 a convolare a nozze, anche perché qualunque altra ipotesi avrebbe portato a una concentrazione eccessiva nelle mani di un unico provider. Wind e Tre, sposi, erano perfettamente compatibili principalmente per due ragioni: da una parte c’era l’enorme debito di Wind, dall’altra l’enorme capacità di spesa di Tre, dietro alla quale c’era e c’è il gruppo cinese Hutchison Whampoa.

Anche dal punto di vista tecnico la compatibilità era totale perché da una parte Wind stava faticando per ragioni finanziarie ad aggiornare il proprio network, dall’altra Tre Italia andava a rilento per quanto riguarda l’estensione della copertura proprietaria, dovendo contare fin dal suo giorno di nascita sul costosissimo roaming nazionale con Tim, un roaming che peraltro non era totale e limitava di tanto l’esperienza degli utenti che a seconda dei piani avevano diversi limiti quando si trovavano in roaming sulla rete di Tim. Ovviamente il matrimonio avrebbe aperto ad una infrastruttura che una volta integrata avrebbe potuto competere con Tim e Vodafone.

Ma allora le compagnie telefoniche hanno sbagliato nel favorire quel matrimonio? Come mai ci ritroviamo al punto di prima o forse in una situazione di mercato anche peggiore di quella del 2016?

Capitolo 2. La sottovalutazione.

Probabilmente favorire quell’unione non fu sbagliato. Ciò che si sbagliò furono i calcoli da quel momento in avanti. L’Unione Europea infatti impose come risposta alla fusione tra Wind e 3 anche l’apertura a un nuovo operatore; l’apertura sarebbe avvenuta per mezzo della cessione di parte delle frequenze e di una piccola parte delle antenne, ed un accordo di roaming nazionale che consentisse un rapido esordio.

In realtà le compagnie di allora, Wind e 3 ma anche Tim e Vodafone, erano consapevoli che l’Unione avrebbe imposto dei paletti; ciò che sottovalutavano era la capacità reale di un nuovo quarto gestore di rompere nuovamente le regole, scatenando una guerra dei prezzi peggiore della precedente. Iliad cercò da subito un accordo con la neonata WindTre per prendere il posto di quarto operatore. In concorrenza ad Iliad ci provò solo Digicel, compagnia centro-americana che però mollò subito la presa. Iliad quindi si infilò abbastanza facilmente perché, un po’ da tutti, la missione di fare il quarto gestore in Italia era ritenuta impossibile. Non solo non ci era riuscita 3, che infatti trovò come strategia d’uscita la fusione con Wind, ma nel passato non ci era riuscita nemmeno Blu, spezzettata dopo pochi anni di vita,

E fallì prima ancora di cominciare anche un’azienda che acquistò la licenza senza mai esordire effettivamente: parliamo di Ipse 2000, guidata dagli spagnoli di Telefonica, che pochissimi oggi ricorderanno.

Insomma, il quarto operatore mobile era ritenuto da tutti destinato a fallire miseramente. Per cui Tim, Vodafone e WindTre si professavano, anche pubblicamente, poco preoccupate da un nuovo entrante, perché sicure che da lì a poco i gestori sarebbero comunque tornati ad essere solamente tre, raggiungendo quella pace competitiva che tutti auspicavano. Iliad sarebbe dovuta fallire in pochi mesi.

Ecco, la situazione nella quale ci troviamo oggi è, almeno secondo noi, frutto della grande sottovalutazione di Iliad. Gli analisti sapevano qual era il potenziale di Iliad perché avevano visto operare Free in Francia, una grande spaventosa rivoluzione che cambiò totalmente le regole del gioco e i conti delle grandi compagnie preesistenti. Ma tutti ritenevano, in parte a ragione, che la Francia aveva una situazione, all’arrivo di Free, totalmente diversa con prezzi veramente molto alti. E quindi in una condizione nella quale tutto sommato fare basso costo poteva essere semplice pur mantenendo la marginalità.

Lo stesso, si credeva, Iliad non avrebbe potuto fare in Italia e eccoci quindi alla storia che va dal 2018 ai nostri giorni, ovvero dall’esordio di Iliad fino ad adesso: non solo Iliad ce l’ha fatta ma ha conquistato una fetta di mercato ben più ampia delle aspettative anche degli analisti più ottimisti; non solo è ancora lì ma oggi è il soggetto finanziariamente più ricco che più di ogni altro è pronto ad acquisire e non a venire acquisito. Insomma, Iliad ha dimostrato di essere un player di lunga presenza nel nostro Paese e non certo un’avventura estemporanea.

Iliad rappresenta una proprietà forte, se vogliamo, esempio anche a una finanza di vecchio stile, senza quotazione in borsa e con un fondatore ben presente che dà alla società nella sua globalità una visione molto chiara anche a lungo termine, cosa oggi fondamentale per una telco.

Capitolo 3. Il secondo errore.

Oltre la generale sottovalutazione della rivoluzione Iliad, Tim, WindTre e Vodafone sbagliarono anche una seconda mossa, ovvero quella di provare a schiacciare Iliad proprio per farla uscire anzitempo dal mercato, inseguendola sulla guerra dei prezzi e inventando un escamotage non gradito a tutti gli amanti della libera concorrenza, ovvero quello del brand secondario, del marchio low cost. Ovvero Ho Mobile, Kena Mobile e Very Mobile, che come se fossero gestori nuovi provarono a scalfire Iliad con proposte super concorrenziali.

Nel 2018 sul mercato c’era aria di un gestore nuovo pronto ad esordire e un po’ tutti ne parlavano. Così le vecchie compagnie provarono un po’ a creare confusione inventando ognuno il proprio gestore nuovo; il marchio secondario fu anche un modo rapido e indolore per ripulirsi immediatamente l’immagine perché non tutti i consumatori erano a conoscenza del legame tra brand secondario e marchio padre.

Anzi, non lo erano nel 2018, all’esordio di Iliad, e probabilmente tanti consumatori non ne sono a conoscenza nemmeno oggi.

L’errore fu quindi inseguire Iliad sul prezzo, inventando “altre Iliad” e dando eco alla guerra del sottocosto che se è lecita da parte di un nuovo player, è invece suicida da parte di chi il mercato già lo domina. Perché poi alla fine, stando ai dati, l’effetto che si è spesso creato è Ho Mobile ha attratto tantissima portabilità da parte di clienti Vodafone, così come Kena lo ha fatto da parte di clienti Tim; magari clienti che sono passati per un brevissimo periodo attraverso un altro gestore usufruendo delle promozioni mirate definite operator attack (generalmente confezionate sempre in forma anti Iliad). Insomma, i b-brand hanno sì fatto concorrenza a Iliad ma hanno determinato anche l’abbassamento vertiginoso della spesa media del consumatore di telefonia mobile.

Lo abbiamo già scritto nel passato ma è stato difficilissimo in questi anni per Tim, Vodafone e WindTre gestire la concorrenza interna dei loro brand low cost, e non è detto che i benefici ottenuti nella lotta contro l’ascesa di Iliad siano superiori alle perdite di introiti.

Insomma, sono queste le ragioni per le quali oggi il mercato ha bisogno di consolidarsi un’altra, di diventare meno concorrenziale e generare player più grandi capaci di fare economia di scala. È probabilmente l’unica via per salvare le telco, ma soprattutto per salvare gli investimenti dei quali non hanno bisogno solo le telco, ma i cittadini italiani per avere reti più efficienti, più estese, più stabili. Basta che il processo che già sembra un grande revival di quanto accaduto nel 2016 con la fusione di Wind e 3, non diventi in tutto e per tutto l’esatta riproposizione, e che quindi si lavori, una volta tanto, per non ripetere gli stessi errori e soprattutto guardare a un mercato che va salvaguardato da qui a 20 anni e non necessariamente da qui alla prossima trimestrale.

Essendo uno speciale di SuperTariffa.it, questa volta ci siamo dilungati più del solito perché era necessaria una ricostruzione più completa e puntuale di quanto avvenuto in questi anni. Ovviamente è semplicemente un nostro punto di vista, assolutamente opinabile.

Non sta a noi dare verità assolute e nemmeno ci piace. Quello che ci interessa è scambiare con voi punti di vista sia da consumatori che con gli addetti ai lavori che ci seguono numerosissimi. Per questo vi chiediamo di lasciare i vostri commenti sui nostri canali o direttamente qui sotto, nello spazio riservato alla discussione che vi ricordiamo non richiede alcuna registrazione. Sperando di avervi intrattenuto raccontandovi un pezzo di storia.

1 commento su “Speciale consolidamento telco. Perché è un film già visto”

  1. Iliad è stata sottovalutata, mentre le altre società facevano cartello lei procedeva per la propria via per cercare proprio di indebolire le altre società. Il suo piano fino adesso è riuscito perfettamente ma bisogna guardare margini futuri e sostenibilità aziendale.

    Rispondi

Lascia un commento